|
Combustori catalitici
Come è evidente dal nome, i combustori catalitici operano
l’ossidazione degli inquinanti sfruttando la presenza di
un catalizzatore, una sostanza che accelera le reazioni chimiche
senza per questo subire delle modifiche. I tipici catalizzatori
utilizzati nei processi di combustione sono gli ossidi dei metalli
nobili come il platino, il palladio od il rodio, ma possono essere
utilizzati anche gli ossidi basici di altri metalli, come il vanadio
pentossido, il biossido di titanio o il biossido di manganese.
All’interno del combustore queste sostanze sono depositate
su di uno strato sottile in un’ampia superficie di un materiale
di supporto di natura ceramica o metallica.
I combustori catalitici vengono utilizzati per depurare l’aria
contaminata da concentrazioni di vapori organici sempre inferiori
al 25% del valore di LEL, un valore che per i VOC va generalmente
da 10mila a 20mila ppm. Concentrazioni più alte non sono
indicate in quanto permetterebbero il raggiungimento di temperature
eccessive e questo potrebbe danneggiare il materiale catalizzatore.
Nell’ossidazione catalitica il flusso d’aria contaminato
viene riscaldato alla temperatura richiesta tramite un bruciatore
a gas e poi viene fatto passare attraverso il supporto col catalizzatore
(cioè il letto). Il catalizzatore fa sì che la reazione
di ossidazione dei composti organici avvenga ad una temperatura
notevolmente più bassa di quella richiesta per l’ossidazione
termica non catalizzata. Il tipico combustore catalitico opera
infatti a temperature di 300° - 450°C e questo rappresenta
il principale vantaggio: dato che è necessaria una minore
temperatura operativa, viene utilizzato anche meno combustibile
per raggiungerla e così non sono nemmeno necessarie delle
camere di combustione rivestite di materiale refrattario. In alcuni
casi è anche possibile operare senza che venga fornito
del combustibile supplementare (sempre necessario però
al momento dell’avvio del processo).
Come i combustori termici, anche quelli catalitici sono spesso
dotati di scambiatori termici per il recupero del calore impiegato
per l’ossidazione dei contaminanti; così sono diffusi
in commercio sia i combustori catalitici di tipo recuperativo
(vedi figura sottostante) che i combustori catalitici di tipo
rigenerativo. La presenza degli scambiatori di
calore è anche giustificata dal fatto che a valle del letto
catalitico le temperature sono comprese tra 400 e 600°C, in
quanto le reazioni di ossidazione catalitica, essendo esotermiche,
comportano un aumento della temperatura dell’aria trattata.
|
Disegno schematico di un combustore catalitico
di tipo recuperativo.
|
|
|
|
Gli
svantaggi principali del combustore catalitico sono relativi
al costo del catalizzatore e ai problemi di rendimento relazionati
al deterioramento sia fisico che meccanico del catalizzatore
stesso.
Come già accennato, le alte temperature sono assolutamente
da evitare, essenzialmente per due motivi: innanzitutto
le alte temperature possono danneggiare il catalizzatore
deattivandolo o volatilizzandolo, in secondo luogo possono
danneggiare irreversibilmente il materiale di supporto del
catalizzatore rendendolo inservibile.
I combustori catalitici, di solito, non possono essere utilizzati
in modo efficace sui flussi d’aria che presentano
alte concentrazioni di liquidi o di particolato solido.
Questo particolato si deposita sulla superficie del catalizzatore
ostacolando il contatto del catalizzatore con i composti
organici. In ogni caso, quando sono presenti delle basse
concentrazioni di particolato, una periodica pulizia può
ripristinare per più del 90% l’attività
catalitica.
Nel caso in cui siano dispersi nell’aria da trattare
anche alcuni metalli, può insorgere il fenomeno dell’avvelenamento;
in pratica i metalli reagiscono o si legano alle molecole
del catalizzatore inattivandolo permanentemente.
I sistemi di abbattimento tramite combustione catalitica
non sono appropriati nemmeno per abbattere l’inquinamento
dovuto a composti solforati o alogenati. Questi composti
hanno un’alta affinità per alcune superfici
catalitiche, per cui riducono l’attività del
catalizzatore riducendo la disponibilità dei siti
attivi disponibili per la catalisi dei composti organici
(fenomeno di mascheramento). |
|
|
|
|
|