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Variabili implicate nella Biofiltrazione
I microrganismi utilizzati nei biofiltri possono essere di diversa
natura: funghi, lieviti, muffe e soprattutto batteri. Tutti comunque
sono estremamente sensibili alla temperatura del flusso dell’aria
da trattare.
La maggior parte dei filtri a biossidazione opera essenzialmente
con batteri mesofilici, fra i 20 e i 40°C circa. Le
temperature relativamente elevate garantiscono un biofiltro più
attivo e richiedono un tempo di trattamento più breve.
Quelle al di sopra dei 40°C causano una diminuzione dell’efficienza
di abbattimento perché provocano la morte dei microrganismi.
Al contrario, le temperature inferiori riducono la velocità
metabolica delle reazioni, cosa che comporta l’utilizzo
di volumi filtranti maggiori per ottenere la stessa efficienza
di abbattimento realizzabile con temperature più alte.
Per ovviare a questi problemi è spesso necessario condizionare
le emissioni da trattare; per esempio se le emissioni sono ad
alta temperatura si possono utilizzare sia il raffreddamento evaporativo
che quello forzato. Le installazioni negli ambienti freddi richiedono
invece l’utilizzo di vapore per riscaldare il flusso d’aria
da trattare.
L’efficienza nell’abbattimento è direttamente
legata al numero di microrganismi presenti, numero che è
estremamente dipendente dal grado di umidità presente nel
mezzo filtrante. Se un flusso di aria secca viene immesso nel
mezzo, l’umidità viene rimossa velocemente ed il
numero dei batteri presenti crolla, parallelamente all’efficienza
di rimozione degli inquinanti. Quindi una progettazione ideale
dovrebbe fare in modo che il flusso d’aria in entrata sia
quasi a saturazione. A seconda della particolare configurazione
dell’impianto, l’umidità relativa può
variare al mutare delle condizioni ambientali, per cui l’umidità
dovrebbe essere rilevata sia in stagioni diverse che durante la
giornata ed anche in occasione di cambiamenti nei processi produttivi.
Anche l’eventuale presenza di particolato può creare
grossi problemi: accumulandosi sul materiale filtrante ostacola
l’afflusso dell’aria nel mezzo dove sono presenti
i microrganismi. Per eliminare questo problema, di solito si utilizzano
dei sistemi di pretrattamento, come ad esempio gli scrubber venturi
che servono sia per umidificare che per rimuovere le polveri.
Si impiegano qualche volta anche dei filtri elettrostatici, oppure
dei sistemi per mantenere la temperatura del flusso d’aria
al di sopra della temperatura di condensazione e polimerizzazione
se gli inquinanti si possono condensare nel filtro.
Un fattore estremamente importante per la sopravvivenza dei microrganismi
è il pH del mezzo in cui si trovano. Composti acidificanti
come l’acido solfidrico, il cloruro di metile o l’ammoniaca
comportano la formazione di acidi (solforico, cloridrico e nitrico)
che abbassano notevolmente il pH. Per questo, con il passar del
tempo, gli agenti neutralizzanti si esauriscono e bisogna riampiazzare
il mezzo filtrante.
Dato che i biofiltri utilizzano degli organismi viventi, è
bene ricordare che bisogna provvedere periodicamente al loro nutrimento.
In questo senso il biofiltro deve essere utilizzato in modo pressochè
continuativo, cercando cioè di evitare che i microrganismi
muoiano per mancanza dell’apporto degli inquinanti. Spesso
è anche necessario fornire un adeguato nutrimento che garantisca
gli elementi fondamentali nel giusto rapporto quantitativo. |
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